citazione da La Repubblica:
Ciclisti categoria a rischio
In 5 anni più di 1500 vittimeDal 2005 al 2010 questi due ruotisti hanno pagato un prezzo elevatissimo, con una media di 303 morti l'anno. In pratica ogni anno sulle nostre strade muoiono il doppio dei partecipanti al giro d'Italia. L'Asaps: "Serve il caschetto"
I numeri sono quasi incredibili: 1.514 morti in 5 anni dal 2005 al 2010, con la media di 303 l'anno. Ma anche, nello stesso periodo, 70.840 i feriti, alla media di 14.168 l'anno. Non solo, se il conto lo spostiamo indietro di 2 anni partendo dal 2003 arriviamo a 2.143 morti e 93.855 feriti. In pratica ogni anno sulle nostre strade muoiono il doppio dei partecipanti al giro d'Italia.
Questa triste contabilità ci dice che l'annus horribilis è stato il 2007 con il record di 352 ciclisti stesi per sempre sull'asfalto, seguono il 2003 con 329 e il 2005 con 317. In miglioramento, ma non di tanto, gli ultimi anni: il 2008 con 288, il 2009 con 294 e il record minimo del 2010 con 263 lenzuoli bianchi stesi su un ciclista .
Ma il 2010 è però anche l'anno dell'11 settembre del ciclismo italiano, quando una Mercedes condotta da un cittadino marocchino di 21 anni, risultato poi drogato, uccise il 6 dicembre 8 cicluturisti che viaggiavano tranquillamente per la loro strada.
Cifre assurde che colpiscono quel 21,3% di italiani che usano la bicicletta almeno una volta la settimana (Fonte Fiab). Cominciano ad essere numerosi anche gli stranieri coinvolti o vittime di incidenti in bicicletta.
"Una categoria quella dei ciclisti - spiegano all'Asaps, associazione amici polizia stradale - che certamente ha frange che si devono ricordare di rispettare di più le regole della strada, ma che tuttavia in questi tempi di crisi andrebbe particolarmente protetta e addirittura ammirata dagli altri che in auto sono sempre i più "forti". Agli amministratori ricordiamo una parola d'ordine essenziale: più piste ciclabili, più protezione per i dueruotisti a pedale. Casco obbligatorio subito almeno fino a 14 anni. E comunque serve la semina di una cultura autoprotettiva fatta di casco, e giubbetti retroriflettenti insieme ad un uso delle luci che sia efficace".